La cittadinanza di cui si occupa Giovanni Moro nel libro presentato in questo convegno costituisce un elemento fondamentale per il riconoscimento dell’uomo nella comunità sociale.
Come è noto, già nell’antica Roma la dichiarazione civis romanus sum dà luogo alla titolarità di diritti e di doveri che permettono il riconoscimento nell’ambito dello ius civile, mentre colui che non possiede tale cittadinanza poteva godere soltanto dei diritti più limitati garantiti dallo ius gentium. Quanto detto evidenzia il carattere di fictio iuris posseduto dalla cittadinanza che si è conservato con le dovute trasformazioni fino ai nostri giorni. Infatti, mentre nell’antica Roma, il possesso della cittadinanza era legato al gruppo sociale incluso nella civitas, invece nei nostri giorni la cittadinanza qualifica l’appartenenza ad un popolo nel legame con il territorio e con la sovranità. Perciò, da un punto di vista etico e soprattutto politico, nonché giuridico, il possesso della cittadinanza distingue l’uomo cittadino dall’ apolide e gli garantisce un’appartenenza alla nazione come patria dando luogo alla titolarità privilegiata di particolari diritti e doveri. Quindi i caratteri delineati appartengono essenzialmente alla sfera del de iure condito mentre nella sfera del cosiddetto de iure condendo, oggi la cittadinanza tende a realizzare un’apertura alle situazioni soprannazionali in cui il locale dovrebbe dar luogo al globale. In questo quadro di riferimento si colloca l’attuale dibattito politico sull’acquisizione della cittadinanza che separa coloro che la individuano in base allo ius sanguinis da coloro che la collegano allo ius soli o perfino allo ius culturae. Già da questa sintesi del problema risulta evidente l’importanza della cittadinanza sul triplice piano etico, politico e giuridico, nonché infine anche economico. In tale orizzonte, sul piano filosofico il senso e il significato della cittadinanza va ricollegato alle carte dei diritti nel contesto dei diritti dell’uomo e del cittadino. Si pensi alla carta costituzionale degli Stati Uniti d’America nonché alla Carta dei diritti dell’uomo della rivoluzione francese, o, infine, nella cultura odierna alla carta di riconoscimento dei diritti dell’Onu che estende la problematica dall’ambito degli Stati a quello del diritto internazionale. È chiaro che su questo piano il problema della cittadinanza finisce per collocarsi in una situazione storica altamente dinamica ed aperta ad una provvisorietà che trova il suo fine ultimo nel mondo di domani, secondo i canoni problematici del cosiddetto mondo dei post. Quest’ultimo è un ambito culturale nel quale le categorie statiche della tradizione storica finiscono per aprirsi ad una teleologia educativa del futuro, in cui il valore attrattivo dell’utopia cede il passo alla creatività aperta e imprevedibile di quello che E. Bloch riconosce come spirito dell’utopia. In questo senso l’ambito politico del dialogo contemporaneo distinto tra le diverse posizioni si articola tra le due situazioni estreme della democrazia nelle sue varie forme e della popolo-crazia dei regimi più o meno totalitari. Così, possiamo senz’altro dire che la cittadinanza incide sul diritto pubblico e privato. Di fatto, la questione etica di fondo che è al cento del dibattito politico è quella di vedere nella cittadinanza uno strumento valoriale che permette di coniugare in varie possibilità il tema complesso dell’uguaglianza tra gli appartenenti ad un popolo. Quanto detto con tutto ciò che comporta l’apertura all’inclusione o l’apertura all’esclusione nella relazione tra popoli diversi. Anche in questa sede non possiamo dimenticare i presupposti ideologici che determinano le strategie di intervento nonché di interpretazione die sistemi giuridici. Si pensi ad esempio a ciò che accade anche per la cittadinanza nelle seguenti posizioni: liberale, repubblicano, comunitarista. Il problema di fondo è quello se sia possibile una sintesi delle tre forme appena ricordate. In ogni caso dobbiamo tener conto che la cittadinanza è l’identità per una identificazione del soggetto umano del quale si individua l’appartenenza ad un popolo determinato.
Le questioni riassunte nel nostro intervento, trovano nell’interessante volume di Giovanni Moro, il presupposto per un’analisi socio-politica puntuale del fenomeno culturale e soprattutto sociale della cittadinanza stessa che non è solo un titolo di appartenenza ma un vero e proprio riconoscimento del ruolo che il possessore di questa è in grado di esercitare nella dinamica politica e giuridica di una civiltà in cammino.