Giorgio La Pira Costituente
Di Aurelio Rizzacasa
Nel dopoguerra era viva la preoccupazione della possibilità di nuove emergenze totalitarie tanto di destra quanto di sinistra. In quel clima autori quali K. Popper e R. G. Dahrendorf si impegnavano a difendere la democrazia e con essa la libertà di pensiero. Nello stesso periodo G. La Pira viene nominato nel 1946 membro della Costituente e viene designato a far parte della commissione dei settantacinque. Il suo impegno attivo per l’elaborazione della costituzione repubblicana in Italia lo vede autore di una delle due relazioni di presentazione della costituzione stessa. Inoltre, egli partecipa alla formulazione di articoli fondamentali del primo titolo sui diritti e i doveri del cittadino, pertanto, è responsabile in particolare del testo degli articoli 2, 3, 7, 11 e 29 della carta costituzionale. In questa esperienza politica egli è testimone di un’idea di fondo che valorizza il dialogo e che riconosce nella politica il compito fondamentale di attuare un’etica di pacificazione. La Pira del resto, più che essere fautore astratto di un pensiero utopico, manifesta la sua convinzione di poter rappresentare una profezia del regno all’interno della storia dei popoli. Così troviamo questo pensatore cristiano ad avviare un itinerario che doveva portarlo lontano, in un ideale politico nel quale si potesse essere nel nostro tempo operatore e costruttore di pace con il Vangelo in mano. Questa singolare e paradigmatica presenza spirituale offre anche ai nostri giorni un esempio da imitare per dar luogo ad un riarmo spirituale della nostra società. Culturalmente La Pira si ispira ad un pensiero cattolico che trae le radici lontane dai testi biblici e dalle filosofie di Aristotele, nonché di Tommaso d’Aquino, ma nel nostro tempo egli è senz’altro fautore di un personalismo politico che trova il suo fondamento in un’etica sociale che, a sua volta, trova la sua ispirazione nel pensiero neotomista di J. Maritain e nel personalismo comunitario di E. Mounier.