Il personalismo di Mounier e la questione dell’Africa

prof. Aurelio Rizzacasa

 

E. Mounier propone uno spiritualismo personalista che dal punto di vista filosofico si include nelle filosofie esistenziali, per cui la persona stessa comprende il valore della corporeità in base al quale possiamo senz’altro sostenere che si tratta di una soggettività incarnata.

Il suo è di fatto per motivi di solidarietà sociale un vero e proprio personalismo comunitario. In questo quadro di riferimento la comunità si apre ad un centro relazionale più profondo per il quale possiamo senz’altro dire che l’obiettivo valoriale è quello della comunione. Questa concezione si inquadra nel pensiero cristiano per cui il momento spirituale si colloca nella storia umana ma determina il suo senso e il suo significato al di là di un concetto puramente sociopolitico di rivoluzione. Si tratta infatti di recuperare l’umano nell’uomo in tutte le situazioni storiche il che supera il concetto di utopia promuovendo una speranza di miglioramento del mondo. Ciò implica un tentativo di sintesi tra l’antropocentrismo e il teocentrismo che altrimenti nel loro isolamento divengono soluzioni estreme e fallimentari. In tal caso l’impegno nella storia si colloca nel duplice orizzonte della presenza e della testimonianza. Dal punto di vista delle progettazioni politiche possiamo dire che la rivoluzione personalistica e comunitaria di Mounier si pone sulla linea in base alla quale il cristianesimo non è un’ideologia, il che pone in primo piano l’aspetto etico e manifesta una particolare forma di attualità anche nel nostro tempo caratterizzato politicamente dalla crisi delle ideologie. Di fatto, il nostro pensatore coniuga il suo personalismo con le istanze perenni dell’esistenzialismo, ponendosi in un orizzonte agostiniano che raccoglie la doppia eredità del pensiero di J. Nabert e di G. Marcel. Naturalmente tale pensiero si presenta come una forma qualificata e autentica di intellettualismo capace di favorire il processo educativo ma insufficiente per l’utilitarismo dell’azione. Ciò comporta la valorizzazione del dialogo e la rinuncia ad essere l’elemento fondativo di un partito politico. Quello di Mounier non può essere qualificato, per i motivi precedentemente indicati, come un utopismo della tarda modernità. La sua strategia formativa si inquadra nell’idea di applicare il vangelo alle situazioni storiche. Il suo è quindi una forma di ottimismo tragico in quanto, da un lato, valorizza l’umanesimo ma, dall’altro, non ignora la presenza del negativo nelle condizioni storiche del suo tempo. Così possiamo senz’altro riconoscere che egli crea le condizioni per stabilire un legame significativo tra profezia e politica. Il tentativo di Mounier è quello di realizzare la sintesi in apparenza impossibile tra le ragioni di K. Marx e quelle di S. Kierkegaard. Da un punto di vista sociale, la sua caratterizzazione delle vicende storiche propone l’emergenza della persona in contrapposizione al concetto marxiano di classe, in quanto quest’ultimo è responsabile di una conflittualità esasperata che rende difficile la rivoluzione comunitaria. Infatti, la sua idea è quella di favorire il passaggio progressivo dalla società alla comunità. In questo senso, il suo pensiero fa senz’altro prevalere l’etica rispetto all’ontologia. Questo spiega la differenza della sua posizione rispetto a quella essenzialmente tomista di J. Maritain. Il suo è un pensiero dinamico posto in contrapposizione a quello statico dei filosofi aperti all’ontologia.

Le precedenti linee filosofiche vengono applicate anche nella redenzione politico-sociale dell’Africa dopo il colonialismo. Gli scritti sull’Africa si collocano in un contesto di viaggi che portarono Mounier, tra il ’46 e il ’49, non solo nel continente nero (1947), ma in varie parti dell’Europa, tra cui anche l’Italia. I dati storici su questo argomento concernono il contesto dell’africa francese nella situazione post-coloniale che Mounier indica nel suo diario di viaggio pubblicato con il titolo La Rotta Nera che si riferisce al periodo compreso tra l’11 marzo e il 23 aprile 1947.

I problemi affrontati riguardano la liberazione non solo esteriore e politica ma anche interiore ed etica dell’Africa che risvegliandosi è chiamata ad un adeguamento critico alla difficile situazione post-bellica e post-coloniale della nostra contemporaneità. In questa direzione Mounier cerca di rispettare l’autentica identità dell’Africa rispetto al pericolo che il rapido progresso della civiltà possa riprodurre nel continente nero tutte le negatività dell’Europa civilizzata. 

 

Aurelio Rizzacasa