1968 tra storia ed ideologia
Prof. Aurelio Rizzacasa
Il Sessantotto rappresenta un mosaico di eventi nazionali ed internazionali in cui trovano un legame occasionale studenti ed operai accomunati da una contestazione ribelle, animata da motivi diversi, capaci di permettere allo storico di parlare di una realtà complessiva. Così troviamo che il ’68 presenta due aspetti che ne costituiscono gli estremi delle eredità lasciate al futuro. Da una parte l’ambientalismo, il pacifismo, l’intervento sociale diretto, lo spirito anti-istituzionale e autogestionario, il diritto allo studio e il rispetto dei diritti dei lavoratori, dall’altra il terrorismo, i sequestri e gli omicidi. Ciò ha portato ad illustrare questo periodo, da un lato, con entusiasmo e speranza, dall’altro, come involuzione e destrutturazione della tradizione. Comunque i momenti prevalenti, oggetto dei progetti protestatari, sono dati dal pacifismo e dal femminismo con gli slogan più significativi quali: “fate l’amore non fate la guerra” e “il corpo è mio e lo gestisco io”. È difficile in ogni caso interpretare in una semantica univoca il ’68 cinquant’anni dopo, poiché con esso si avviava una transizione aperta ad un futuro possibile, ma poi il conservatorismo politico della classe dirigente e la violenza criminale degli anni di piombo hanno vanificato le speranze del ’68 stesso e la transizione troppo lunga ha dato l’avvio all’antipolitica, nonché alle destrutturazioni ideologiche di matrice nichilista. Di fronte al ‘68perciò siamo chiamati ad un evento, un ricordo, una memoria con tutte le differenze che la semantica di questi termini è capace di connotare. Infatti non è la stessa cosa fare storia e fare memoria, poiché nel primo caso si compie opera di conoscenza e di documentazione, nel secondo invece ci si muove idealmente in un futuro educativo di speranza e di trasformazione. Di fatto il ’68 nella sua complessità comporta. per un’interpretazione corretta. il poter realizzare una continuità nel cambiamento. Questo è il senso dell’utopia al di là di un’immagine completa del futuro migliore ma alla luce, per dirla con Bloch, di uno spirito dell’utopia che valorizza la creatività del cambiamento. Su questo piano occorre riflettere sulla nota dialettica tra essere e avere per poter dare senso ai tentativi narrativi del rappresentare il valore di questo periodo di ribellione.
Non possiamo dimenticare che ideologicamente il ‘68 medesimo connotava i suoi ideali con due espressioni: La fantasia al potere e Siamo realisti chiediamo l’impossibile. Tuttavia, nel pacifismo sessantottino non mancava neppure l’utopia rappresentata dall’immagine dei figli dei fiori con la quale una frangia dei protestatari amava qualificarsi. In questo quadro, la crisi della ragione illuministica si accompagna fra l’altro anche alla liberazione sessuale in un connubio protestatario e pacifista, violento e non violento, libertario e irreggimentato. La situazione contradittoria è bene espressa da una militanza marxista accompagnata dalla filosofia contrapposta di Marcuse di cui si leggevano le opere fondamentali: Ragione e rivoluzione, L’uomo ad una dimensione, Eros e civiltà.
L’elemento politico, che dovrà poi condurre a tutti gli atteggiamenti che porteranno l’antipolitica fino ai nostri giorni, era rappresentato in quel periodo dalla critica della democrazia rappresentativa a favore di una democrazia assembleare, senza limiti e senza regole, destinata a trionfare in tutte le occupazioni delle università degli istituti scolastici.